Gli chef e il web. Un’arma a doppio taglio. Opportunità o rischio stroncatura?

Gli chef e il web. Un’arma a doppio taglio. Opportunità o rischio stroncatura?

È nato prima l’uovo o la gallina? Potremmo utilizzare questa metafora per descrivere la “querelle 2.0” tra gli chef e la Rete. In altre parole, è giusto che il Web (e non parlo solo di blogger, ma anche di semplici utenti) si permetta (il lusso) di giudicare il lavoro e la bravura degli chef – stellati e non?  Ne parlo perché questa mattina mi sono imbattuto in un articolo molto interessante nella sezione “food & drink” del sito del britannico The Guardian.  Un articolo intitolato “Top chefs unite against blogger’s review” (i top chef uniti contro la recensione del blogger) che registra oltre 200 commenti.

Di cosa si tratta? In poche parole, uno chef bi-stellato Michelin, tale Claude Bosi, del ristorante Hibiscus di Londra – non l’ultimo arrivato dunque – che si scaglia contro James Isherwood, un “amateur blogger e consumatore” (così lo descrive l’articolo) per commenti non troppo entusiastici sulla cena degustata qualche giorno prima nel suo ristorante. Critiche, seppur limitate all’antipasto, pubblicate attraverso il suo blog (tra le altre cose poco seguito) e rilanciate su Tripadvisor, a cui ha risposto, senza mezzi termini e a quanto pare con fare un po’ spocchioso, lo chef in persona, oltremodo piccato dell’episodio. E lo ha fatto utilizzando gli stessi canali attraverso cui è giunta la critica, ovvero il Web. Twitter in primis. Una scelta trasparente ma che si è rivelata un boomerang per lo chef, visti i toni (e i termini) utilizzati. A nulla è valso che nella crociata contro l’”ignoranza” di tale James Isherwood si siano poi schierati altri chef di rango (vedi l’hashtag #chefsunite), concordi con Bosi nell’affermare a gran voce che, visto il suo status di semplice cliente (!) non si poteva permettere di criticare…

L’articolo del Guardian, critico nei confronti di Bosi e della sua “scomposta” reazione, è scritto da un altro chef inglese, tale James MackaySemplice la sua teoria: “se cucini bene, fai bene. Se cucini male, chiuderai la tua attività. Va bene che i ristoranti (e gli chef) vivono con le recensioni e che Tripadvisor molto spesso può essere distruttivo, ma definire un cliente str…o in un forum pubblico come twitter solo perché non ha gradito il tuo antipasto non può che essere controproducente”.

Concordiamo con questa posizione. Chi l’ha detto che le critiche possono arrivare solo da esperti in materia (giornalisti, blogger o curatori di guide eno-gastonomiche che siano)? D’altronde le lodi vengono accettate senza storcere il naso, mi par di capire (e vedere). Se uno decide di spendere una certa somma per andare a fare un’esperienza culinaria di un certo livello (sappiamo bene cosa vuol dire andare a mangiare in un ristorante bi-stellato), credo abbia diritto di dire se la cena gli è piaciuta o no. Su un (mini) blogger come quello del James in questione o attraverso i social media, come ad esempio il proprio profilo FB o Twitter. Basta che la critica sia sostanziata, spiegata, motivata, e non campata in aria.

Allo stesso modo, lo chef ha la possibilità (il diritto) di rispondere. Perché il Web è aperto per tutti, non solo a quelli che criticano. L’importante è farlo nella maniera giusta, sostanziando la propria posizione, a maggior ragione perché si vuole difendere il proprio lavoro e il proprio buon nome. Non è facile comunicare, ma è molto facile sbagliare, in particolare su canali aperti (e con memoria lunga) come i social network. Questo forse è un punto su cui la categoria dovrebbe migliorare un po’.

Giusto o sbagliato che sia il caso in questione (non lo sappiamo né lo sapremo mai), il principio ci pare questo. Da cliente, ho diritto di commentare ciò che ho vissuto/provato. Posso anche non essere un esperto, ma ho pagato per un servizio. Se rimango nei binari della giusta critica (o lode), sono nel giusto. E, nel caso, dovrò essere pronto alla risposta dell’interessato.

D’altronde, il mondo è bello perché è vario. È così anche per gli chef e i ristoranti. C’è a chi piace quello X e chi preferisce quello Y. Alla fine, come dice l’articolo… IT’S JUST COOKING!

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