Niente sangue. Solo pane
Paura dei vampiri? Ormai è ufficiale: il conte Dracula è tornato. Vuole sangue? No, tutt’altro: ci offre pane.
Michette, sfilatini, pagnotte cotte e congelate vengono rinvenute in forno e vendute come fossero italiane, approfittando del fatto che, nel nostro Paese, chi commercia questo genere di alimento confezionato non è obbligato a scrivere in etichetta la provenienza.
“Il 20% del pane venduto nella grande distribuzione – dichiara a un giornalista di Repubblica Luca Vecchiato, presidente di Federpanificatori – arriva dalla Romania e dalla Bulgaria”. “Ogni giorno nel nostro Paese viene commercializzata una grande varietà di prodotti della panificazione senza che i consumatori italiani abbiano la possibilità di conoscere la tipologia esatta di ciò che acquistano – scriveva Vecchiato ad aprile in una lettera aperta al sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Saglia – le materie prime con cui è stato realizzato e soprattutto, nel caso esso sia congelato e surgelato, quale sia il reale Paese di provenienza”. Buio assoluto.
Nei Paesi dell’Est negli ultimi tempi la produzione è salita a 4milioni di chili, gran parte dei quali li acquistiamo noi. “Uno su quattro dei panini confezionati che troviamo nei supermercati e che mettiamo sotto i denti nelle mense e nelle tavole calde dei self service – si legge da un’inchiesta di Repubblica, quotidiano di punta del Gruppo L’Espresso – è made in Romania. Altro che eccellenza nostrana: il pane romanesti, niente a che vedere con quello tradizionale dolce a forma di zuccotto, lo cuociono nei forni di Bucarest, di Timisoara, si Costanza, di Cluj-Napoca”. E vaglielo a dire a chi armato di carrello scorre i corridoi a caccia di latte, biscotti, olio nazionali. “Afferro la mia baguette ancora calda, stasera la mangio appena sfornata” pensi buttando lo sfilatino a sgomitare fra carne, pasta e yogurt. Niente di più errato… Appena scaldata, sì. Forse impastata quasi due anni fa a centinaia di chilometri di distanza da qui.
Coldiretti ci fa sapere che nell’ultimo anno le importazioni dalla Romania di prodotti a base di cereali sono più che raddoppiate. Oltre il 136% per 1.3 milioni di chili acquistati oltre frontiera, mentre dieci anni fa i chili erano 6733. Per un giro di affari da 500 milioni di euro che accanto ai 7.2 miliardi di fatturato dei nostri panifici è poca cosa, ma neppure troppo.
In quanto a consumi l’Italia è il quarto paese europeo dietro a Germania, Danimarca ed Austria. Nonostante i 24mila panificatori bianchi, rossi, verdi e i numerosi fiori all’occhiello fra cui Altamura, Genzano, Prato, Ferrara (regione che vai, mollica che trovi), importiamo casalinghi e francesine. Perché? Costano meno della metà, grazie soprattutto all’abbattimento dei prezzi di produzione e di manodopera, inferiori di un buon 60%. È la legge del mercato, bellezza! Con buona pace del chilometro zero, dei panificatori italiani e della buona usanza di accertarsi sempre di cosa sta scritto in etichetta.
E adesso ditecelo voi: quando acquistate un alimento, leggete la sua etichetta?