Può il lampredotto varcare i confini fiorentini? E può il lampredotto mettere gambe e andare a cercarsi soluzioni alternative al panino, possibilmente altrettanto gustose? Un po’ come dire che la mortadella di Bologna viene fatta a Bari, la bresaola della Valtellina a Terni, la ‘nduja calabrese abbraccia il dialetto valdostano…

Ma il lampredotto ha superato i confini d’Arno, spostandosi verso la costa toscana, vincendo la sua sfida tra Guelfi e Ghibellini, allevatori e pescatori, tradizionalisti e innovativi. Sabato 19 novembre due grandi della cucina: Luca Cai della tripperia Il Magazzino di piazza della Passera a Firenze e Damiano Donati del Serendepico a Gragnano di Lucca, si sono sfidati in singolar tenzone su un terreno d’appannaggio gigliato. E chi lo avrebbe mai detto che alla fine, pur di misura, il quinto quarto avrebbe conquistato anche la terra di Ilaria del Carretto e di Elisa Baciocchi? Laddove non poterono i Medici, è riuscita la cucina.

La sfida lanciata e alimentata sulle pagine di Facebook circa un mese fa, ha trovato soddisfazione in una bella giornata nella campagna tra Lucca e Pescia, ai fornelli del Serendepico (incoronata rivelazione dell’anno per tutte le guide gastro-dipendenti) dove Cai e Donati hanno incrociato i mestoli divertendo i numerosi gourmet che sabato hanno fatto il sold out a pranzo e a cena.

Firenze, Lucca? “Pòle la donna permèttisi di pareggià co’ l’omo?” era il tema di un convegno in un grande film di Giuseppe Bertolucci. “Pòle Lucca permèttisi di sfidà Firenze?”. Ebbene lo ha fatto ed ha pure afferrato il punto, mettendo a confronto due cucine diverse ma sorelle che si sono sbizzarrite, hanno mescolato le carte in tavola in un gioco alla cieca dove non è stato difficile riconoscere ricette e sapori. Sei piatti: tre e tre. Potenti, da strada quelli di Cai. Lievi seppur di carattere quelli di Donati. Cai ha puntato sulla tradizione iniziando con un tris composto da polpettina di lampredotto (ottimo modo di riciclare l’avanzo), totano di bosco (una trippa sfilacciata a formare i tentacoli, dopodiché fritta) e un’eccellente lingua in salsa di midollo. Dopodiché ha rincarato la dose puntando su una lasagnetta al pistacchio e ragù di lampredotto, quindi spannocchia (la parte più grassa dell’abomaso) con burro di capra e tartufo bianco. Da leccarsi i baffi!

Tirate le somme, alla fine ha vinto il padrone di casa che ha catturato il favore dei commensali (giuria popolare e giuria tecnica, quest’ultima costituita da tredici “esperti” fra giornalisti, blogger, ristoratori, enologi) con una delicata rivisitazione del lampredotto alla fiorentina accompagnato dalle sue salse, una minestra di riso bianco con collagene e testina di vitella (da applauso per i gourmet di “mestiere”), una lingua cotta a bassa temperatura e poi tostata accompagnata da verza alla liquirizia e un tortino di patate rifatte alla senape (un giro del palato che ha prima ingrassato, poi ripulito e quindi pareggiato).

Alla fine ha comunque vinto il lampredotto. E ci sarà pure un seguito: “Pur nata per gioco, questa giornata ci ha dato lo spunto per creare un evento che vorremmo a cadenza annuale. Una piccola festa toscana in onore delle frattaglie – dice Lido Vannucchi, mente della disfida – Coinvolgeremo altri chef, altre idee, la Toscana che ama questo ingrediente povero ma versatile”.
E voi, cosa ne pensate? Elogio della frattaglia o pollice verso?