Vittorio Castellani
Doner kebab: lo spiedone rotante del vicino oriente.
Amato da un numero crescente di persone in Italia e nel mondo, il doner kebab fattura cifre a molti zeri. La sua semplice ricetta ha origini lontane e conosce mille versioni, ma l’introduzione in Italia è cosa recente… e non è passata inosservata.
La resistenza verso i cibi che vengono da lontano suscita a volte polemiche e resistenze, era successo nei secoli scorsi al mais e alle patate, ma anche per il caffè e per le melanzane. Oggi, a circa 500 anni di distanza, tocca allo spiedone verticale turco. Principale competitor dell’hamburger a stelle e strisce e della pizza al taglio, il doner kebab ha origini remote; scopriamole insieme, a cominciare dalla sua denominazione fino a parlare delle numerosissime varianti che si possono trovare nel mondo.
Somma di due vocaboli: doner = che in turco significa “rotante” e kebab, che in lingua farsi (persiano antico) staper “arrosto”, questo simbolo dello street food del vicino Oriente nasce in Persia in una versione completamente diversa dall’attuale. In origine infatti la carne al kebab veniva cucinata su piastre arroventate e lunghi spiedi, prima che le milizie ottomane rincorressero alle lame delle spade e agli scudi metallici, durante le soste negli accampamenti. Si trova menzione di questa tecnica di cottura, diffusa dalla Grecia a tutta l’area dominata dall’Impero ottomano, in molti testi antichi. Inizialmente non si trattava quindi di un panino ma di un metodo di cottura di un piatto di carni marinate e speziate che veniva spesso servito con riso lesso o grano spezzato (bulghur), accompagnato da salse di yogurt o di burro di sesamo (tahina).
L’abitudine di marinare le carni in yogurt o nel succo di cipolla, ma anche con polvere di mango amchor (in India) o succo di tamarindo (in Indonesia), aveva la duplice funzione di intenerirle oltre che aromatizzarle.
Viaggiando dalla Turchia al nord dell’India troviamo ancora oggi carni cucinate con questa tecnica, servite al piatto. Alcune di queste come l’iskendar kebab della città di Bursa (Turchia) o il chelou kebab iraniano vengono servite con salsa di pomodoro e/o burro fuso, entrambi con riso lesso long grain.
Il merito di aver diffuso nell’antichità questa specialità spetta dunque ai turchi, che l’hannodapprima introdotta in tutti i territori occupati sotto l’Impero Ottomano. La sua ricetta è stata poi adottata da ebrei, musulmani e cristiani ortodossi, che l’hanno resa idonea alle diverse precettistiche religiose: ebrei e islamici usano infatti carni di manzo, montone o tacchino (specie dopo la crisi della mucca pazza), certificate kasher o halal. In Medio Oriente l’hanno ribattezzato shawarma e lo condiscono in modo diverso: gli ebrei con salsa di sesamo (tahina), poiché l’abbinamento carne-yogurt (derivato del latte) è proibito.
Come i musulmani anche gli ebrei ripudiano la versione di maiale, preferita invece dai greci nella ricetta del gyros.
Il doner kebab che tutti abbiamo conosciuto nasce però nel dopoguerra a Kreutzberg, roccaforte turca nel cuore di Berlino, dall’esigenza degli operai immigrati dall’Asia minore di non rinunciare a uno dei loro piatti preferiti, trasformandolo in un cibo da passeggio, avvolgendo le carni dorate in una calda “piadina” farcita di verdure e salsa di yogurt, o riempiendo un pane-tasca, secondo l’uso mediorientale. Nel terzo millennio il doner kebab è diventato un dei cibi fast food più globalizzati e rappresenta insieme a sushi e couscous il piatto “etnico” preferito a livello mondiale.
Nel suo lungo viaggio nello spazio e nel tempo il doner kebab è stato adottato in tempi più recenti dai messicani, che lo servono con salse piccanti nella versione taco al pastor, dai brasiliani che lo chiamano sanduiche griego…fino all’Australia, disponibile anche nella versione kangaroo kebab, a base di carne di canguro!
E mentre in Italia comincia a trovarsi con una certa frequenza sparpagliato anche sulla pizza, c’è finalmente chi rinuncia alle versioni industriali, per impilare artigianalmente carni bovine selezionate, come abbiamo visto nella manifestazione Settimana della Carne a Cavour che ha visto abbinati i migliori macellai piemontesi con Demir, il miglior kebabbaro turco-piemontese…
Il futuro del kebab, che è già presente, è anche questo.
Vittorio Castellani aka Chef Kumalé – giornalista gastronomade
www.ilgastronomade.com