Apre Eataly Roma: sarà rivoluzione? (prima parte)

Apre Eataly Roma: sarà rivoluzione? (prima parte)

Eataly Roma doveva essere e Eataly Roma è stato. Dovevamo toccare con mano prima di giudicare. E possiamo sicuramente affermare che una visita non è sufficiente, oltretutto se la grande astronave “farinettiana” è ancora un cantiere (semi)aperto. Dunque ci proponiamo di tornarci presto, per vedere come lavora – una volta che sarà a pieno regime e con i flussi di pubblico previsti, tra le 5.000 e le 7.000 persone – una struttura così grande. Che deve andare sempre al massimo…

Cerchiamo di raccontarvi qualcosa di diverso da quello che già è stato scritto in queste ultime settimane. Perché ormai di Eataly Roma ne parlano tutti. A torto o a ragione. Adoranti o invidiosi. Curiosi o (finti)indifferenti. Perché è l’Eataly più grande del mondo (17.000 metri quadrati), con 4 piani e 23 luoghi di ristoro, perché è una scommessa che si può solo vincere. In una struttura, l’Air Terminal Ostiense, costruito per i Mondiali di calcio del ’90, rimasta aperta per “ben” 37 giorni e poi chiusa per “soli” 20 anni. Già questo potrebbe bastare a spiegare tante cose.

Un Eataly dedicato alla bellezza: dell’agroalimentare, dell’arte (con mostre tematiche), della musica (con concerti proiettati sui megaschermi), dell’ironia. Perché la bellezza, secondo Oscar Farinetti, salverà l’Italia.

Eataly è Farinetti, da qui non si sfugge. Lo abbiamo capito anche ieri, nel corso della visita prevista per i giornalisti esteri “guidata” e raccontata da Oscar in persona (con microfono alla mano). Noi non eravamo stranieri, ma altrettanto curiosi!

Ma Eataly non è solo Farinetti. E’ tanto altro, altrimenti non sarebbe quello che è. Il team di lavoro è grande, grandissimo. Abbiamo visto tante persone al lavoro, dall’allestitore delle mensole all’addetto stampa, dal cameriere al responsabile PR. Nessuno con le mani in mano. E l’esempio in tal senso viene proprio da Farinetti senior (nel team di lavoro ci sono, in prima fila, anche i figli), che cammina tra i corridoi degli immensi piani della sua nuova creatura e si permette, mentre parla al cellulare (e probabilmente pensa a mille cose), di spostare paline o pannelli. Un imprenditore che si “sporca” le mani, nel senso di fatica e lavoro, non è da tutti. Questo è poco ma sicuro.

Oggi che possiamo (ieri eravamo concentrati sulle parole di Farinetti e sulle cose da vedere e da assaggiare), sfogliamo con attenzione il Libro Unico su Eataly Roma (la “loro” cartella stampa). Lo sguardo mi cade su “lo stile che cerchiamo”: tre punti, semplici e immediati, che però ho potuto toccare con mano.

Informali ma autorevoli: fare una presentazione alla stampa (italiana ed estera), per un’apertura così attesa, quando ancora il cantiere è…un cantiere, vuol dire essere abbastanza informali. Ma farlo con il padrone di casa che ti guida e ti racconta, passo dopo passo, tutto quello che è stato e sarà, vuol dire essere autorevoli.
Autoironici ma orgogliosi: di scritte ironiche dentro Eataly (non solo a Roma) ne trovi a bizzeffe. E’ bello e utile, a volte, riderci sopra. Per non prendere tutto troppo sul serio. L’importante è essere consapevoli della propria bravura, di quello che si è. Sembra che da Eataly lo sappiano. E bene.
Onesti ma furbi: difficile fare business senza essere furbi. Smart, come direbbero Oltremanica. Eataly è senza dubbio business. L’importante è non “andare oltre”. La chiarezza, la trasparenza nell’offerta e l’onestà qui non mancano…

Un’altra cosa ci ha molto colpito, nel parlare con Pasquale Torrente de “Il Convento di Cetara” e con Alessandro Frassica di ‘Ino, amici che stanno per intraprendere questo viaggio insieme (e dentro) Eataly. A parte la stanchezza, mascherata dall’entusiasmo; a parte la paura, nascosta dall’emozione e nella voglia di partire (finalmente); le maggiori difficoltà di queste ultime settimane sono venute dalla burocrazia.

Il che è tutto dire. Siamo in Italia, sempre e comunque. (continua)

 

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